La mattina era giunta più velocemente del previsto e quando aveva aperto gli occhi al nuovo giorno, Arthur si era reso conto di non avere nemmeno la forza di alzarsi dal letto. Colpa degli arrembaggi, sicuramente, delle ferite, della perdita di sangue e degli strapazzi seguenti, comprese le folli attività notturne in compagnia di un certo prigioniero francese.
Fu proprio quel pensiero a spingerlo ad aprire gli occhi: il francese doveva essere ancora lì, incatenato accanto alla vetrata, e qualcuno avrebbe dovuto riportarlo nelle prigioni. Già, qualcuno...
Dal ponte non giungeva un fiato. La baldoria era finita ed era probabile che nessuno dei suoi uomini fosse in grado di reggersi sulle proprie gambe, in ogni caso non gradiva che qualcuno lo vedesse debilitato come si sentiva. Avrebbe dovuto chiamare Nor, certamente l'unico rimasto sobrio e che non avrebbe fatto commenti sullo stato suo e del prigioniero, ma era molto probabile che il suo cartografo quella volta non avrebbe risposto. Durante la notte appena trascorsa, tra le note delle canzoni cameratesche e i gemiti della sua vittima, aveva avuto l'impressione di sentire un altro tipo di gemiti, seguiti anche da un paio di urla tutt'altro che passionali. Se le sue supposizioni erano esatte era probabile che anche den fosse irreperibile al momento.
Con un pesante sospiro, Arthur finì per convincere sè stesso ad alzarsi e a recuperare quello che restava della sua camicia. La ferita faceva male, ovviamente, e lo costrinse a muoversi con cautela, ma almeno non era più incrostata di sangue.
Il suo sguardo corse subito alla figura addormentata là dove l'aveva lasciata: un corpo decisamente invitante che sapeva avrebbe cercato nuovamente.
- In piedi! - esclamò seccamente. - E' ora di tornare nei vostri appartamenti! -